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Psicomotricità


La psicomotricità è una disciplina sviluppata in Francia una quarantina di anni fa da Bernard Aucouturier e André Lapierre. Con il termine “Psicomotricità” si intende un insieme di pratiche che utilizzano come principale strumento il gioco e soprattutto il gioco del movimento per accompagnare, e se necessario aiutare, l’evoluzione e lo sviluppo della personalità, intesa come unità di corpo, mente ed emozione, nelle diverse fasi della crescita e della vita.

La psicomotricità analitico-relazionale (detta anche dinamico-relazionale). Attualmente ci sono varie tipologie di psicomotricità. La psicomotricità analitico-relazionale secondo il metodo del linguaggio primario si basa sul gioco libero senza esercizi prestabiliti, in cui ogni partecipante mette in scena liberamente il proprio bagaglio di significati e scopre la propria via (anche quella del cambiamento) nella relazione con l’altro. Il conduttore considera la propria persona ed il proprio corpo come parte integrante del gioco di relazione e attraverso il gioco stesso sostiene l’evoluzione e la crescita dei partecipanti.

La Psicomotricità è una terapia riabilitativa che attraverso la mediazione corporea e del movimento, mira al superamento delle difficoltà del bambino che presenta le seguenti manifestazioni patologiche:

  • immaturità motoria
  • instabilità motoria
  • turbe della Prassie
  • disturbi dello schema corporeo
  • turbe nell’ acquisizione dell’orientamento spazio temporale
  • turbe della lateralità
  • disturbi del grafismo

La psicomotricità relazionale utilizza il gioco come una dimensione dove tutto può essere sperimentato senza conseguenze e senza sensi di colpa, utilizza il corpo come luogo fondante di tutte le comunicazioni, ed infine utilizza anche degli oggetti speciali, meglio dette Forme, che hanno la capacità di mettere in movimento le immagini antiche che stanno dentro di noi e di restituire il senso del nostro agire.

Queste forme sono la palla, il cerchio, la corda, il bastone, la forma informe.

Il bambino, utilizzando questi oggetti nel gioco, ha la possibilità di scaricare le tensioni interne, di riproporre le proprie emozioni, anche conflittuali, legate alle esperienze della quotidianità, e di elaborare nuove strategie per viverle più serenamente. Il bambino in questo modo trova un’occasione per scoprire le proprie capacità creative, sperimentarle e svilupparle in un ambiente favorevole. Questo è possibile perché gli oggetti utilizzati negli incontri psicomotori hanno la peculiarità, date le loro caratteristiche specifiche, di permettere al bambino di affrontare gli aspetti della sua crescita: il rapporto con le figure genitoriali, con i coetanei, con le richieste dell’ambiente.

La presa in carico del bambino che presenta problematiche psicomotorie da parte del Servizio, avviene passando per tre fasi:

  1. Osservazione: Si propongono attività o test che indicano il bisogno del bambino. In questa fase si tiene conto della storia personale e familiare del bambino che può fornire indicazioni utili per il progetto terapeutico. SI evidenzia quello che il bambino sa o non sa e non vuole fare in rapporto all’ambiente, agli oggetti, al terapeuta, ai genitori, agli insegnanti.
  2. Formulazione del progetto terapeutico: Esso deve tendere fondamentalmente a tre obiettivi :
    • Fornire al bambino esperienze nuove dal punto di vista senso-motorio
    • aumentare la conoscenza di se e la fiducia nelle proprie possibilità
    • arricchire il patrimonio esperienziale e conoscitivo
  3. Verifica periodica del lavoro svolto da parte del terapista e del servizio di consulenza specialistica: in questa fase si valutano le modifiche al livello motorio, verbale, grafico, cognitivo e relazionale che il trattamento ha procurato.